Indice
1.1 Interruzioni volontarie di gravidanza
1.3 Stati morbosi e cause di morte
2. Struttura del sistema sanitario
Le statistiche sulla struttura del sistema sanitario e sulla salute dei cittadini sono in parte di fonte Istat. A queste si aggiungono diverse informazioni fornite dalla Regione Lombardia, riferite alle province lombarde, nonché alcuni dati di fonte dal Ministero della Salute.
1.1 Interruzioni volontarie di gravidanza
A partire dal 1979 l’Istat, a seguito dell’entrata in vigore della legge numero 194/78, ha avviato, in accordo con le Regioni ed il Ministero della sanità, la rilevazione dei casi di interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).
I dati vengono raccolti per mezzo del modello individuale di dichiarazione di interruzione volontaria della gravidanza (Istat D.12), che deve essere compilato dal medico che procede all’interruzione stessa.
Nel modello sono richieste notizie sulla donna e sull’interruzione della gravidanza.
Le prime comprendono:
Le notizie sull’intervento comprendono:
Al fine di monitorare il fenomeno, l’Istat richiede alle Regioni anche la comunicazione mensile del numero complessivo delle interruzioni volontarie della gravidanza praticate in ciascun mese in ogni singola provincia della regione (modello Istat D.17).
Dunque la rilevazione statistica sull’interruzione volontaria della gravidanza consta di due processi informativi: la sopracitata raccolta rapida dei dati con la conseguente pubblicazione degli stessi sul Bollettino mensile di statistica (dati provvisori) e la raccolta dei modelli individuali con la conseguente pubblicazione dei dati definitivi su volumi monotematici appartenenti alla collana Informazioni o alla pubblicazione sul sito di Tavole di dati.
Confrontando le due serie di dati, quelli provenienti dalla raccolta rapida e quelli provenienti dalla elaborazione dei modelli individuali, si nota che essi talvolta non coincidono. La diversità è da imputare a carenze nella comunicazione delle informazioni da parte di alcune Regioni. In questo caso vengono adottate procedure di stima a causa del mancato invio di molti modelli individuali.
Uno dei problemi affrontati durante l’elaborazione delle statistiche sulle interruzioni di gravidanza riguarda infatti il mancato invio di un certo numero di modelli di rilevazione individuali o l’elevata percentuale di “non indicato” per specifiche variabili. Si tratta quindi di problemi sia di mancate risposte totali che di mancate risposte parziali che hanno determinato la necessità di effettuare delle stime dei dati mancanti.
Gli indicatori maggiormente utilizzati sono:
Tasso specifico per età di abortività: è il rapporto fra gli aborti effettuati da donne di una classe di età e la popolazione media femminile dell’anno di quella stessa classe d’età, moltiplicato per 1.000.
Tasso grezzo di abortività: è il rapporto fra gli aborti effettuati da donne in età feconda (15-49 anni) e la popolazione media femminile dell’anno in età feconda, moltiplicato per 1.000. II tasso grezzo esprime il numero medio di eventi che si verificano in una popolazione di 1.000 donne in età 15-49 anni, che sono mediamente esposte al rischio di subire l’evento in un dato intervallo di tempo.
Tasso standardizzato di abortività: l’utilizzo del tasso standardizzato è giustificato dal fatto che il tasso grezzo dipende dalla struttura per età della popolazione, e pertanto non permette di fare correttamente dei confronti territoriali e temporali. La standardizzazione, basata sul metodo della popolazione tipo, consiste nel riportare i tassi alla situazione ideale in cui tutta la popolazione ha la stessa struttura per età di una popolazione prescelta, che in questo caso è quella media femminile italiana tra i 15 ed i 49 anni riferita all’anno 2001. Il tasso standardizzato è la media ponderata dei tassi specifici per età, con pesi dati dal rapporto fra popolazione “tipo” femminile media nella classe d’età e popolazione “tipo” femminile in età feconda.
Tasso di abortività totale: è la somma dei tassi di abortività specifici per età (calcolati su classi quinquennali), moltiplicata per cinque. Rappresenta il numero di aborti totali verificatisi in una coorte fittizia di 1.000 donne.
Una ulteriore rilevazione realizzata dall’Istat fa riferimento agli aborti spontanei, che ha come campo di osservazione solo i casi di aborto spontaneo per i quali si sia reso necessario il ricovero in istituti di cura sia pubblici che privati. Gli aborti spontanei non soggetti a ricovero, quali ad esempio gli aborti che si risolvono senza intervento del medico o che necessitano di sole cure ambulatoriali, non vengono rilevati.
La rilevazione è effettuata a mezzo del modello Istat D.11. Esso è individuale e anonimo e contiene informazioni sulle caratteristiche socio-demografiche della donna e sulle caratteristiche dell’aborto e del ricovero.
Le notizie sulla gestante e sulla gravidanza riportate sono:
Le notizie sull’aborto a loro volta sono:
Così come accade per la rilevazione sulle interruzioni volontarie di gravidanza, anche in questa rilevazione, l’Istat richiede anche la comunicazione mensile del numero complessivo delle dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo avvenute in ciascun mese in ogni singolo istituto (modello Istat D.14), con l’obiettivo di monitorare meglio il fenomeno.
Dunque anche la rilevazione statistica sugli aborti spontanei consta di due processi informativi: la sopracitata raccolta mensile dei dati con la conseguente pubblicazione degli stessi sul Bollettino mensile di statistica (dati provvisori) e la raccolta dei modelli individuali (dati finali).
I dati mancanti, sia per mancanza di trasmissione del modello, sia per incompletezza nella sua compilazione vengono stimati dall’Istat.
Gli indicatori maggiormente utilizzati nell’analisi dell’abortività spontanea sono gli analoghi a quelli utilizzati nell’ambito delle interruzioni volontarie di gravidanza:
1.3 Stati morbosi e cause di morte
I dati sulle cause di morte sono rilevati dall’Istat attraverso l’utilizzo di modelli specifici sui quali il medico curante o il necroscopo sono tenuti a indicare la sequenza morbosa che ha condotto al decesso e gli altri stati morbosi rilevanti.
Le statistiche di mortalità sono basate convenzionalmente su una singola causa di morte, la cosiddetta causa iniziale la cui definizione è sancita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nella classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati, 10 Revisione (Icd-10), I Edizione 1992:
a) "la malattia o il traumatismo che ha dato inizio a quella catena d’eventi morbosi che porta direttamente a morte”, oppure
b) "l'insieme delle circostanze dell'accidente o della violenza che hanno provocato la lesione traumatica mortale".
Il certificato medico della causa di morte affida al medico che lo firma il compito di indicare il concatenamento dei fenomeni morbosi che ha portato direttamente a morte. Tale modello è concepito in modo da fornire le informazioni che possono facilitare la selezione della causa iniziale di morte nei casi in cui siano indicate due o più cause.
L’individuazione e la codifica della causa iniziale di morte avviene quindi sulla base di opportuni criteri di decisione, in accordo con le regole di codifica fornite dall’Oms nella Icd10, tenendo conto di tutte le informazioni demografiche e sanitarie riportate sulla scheda di morte. Una delle attività più impegnative e delicate del processo di produzione dei dati di mortalità riguarda proprio la selezione e la codifica della causa iniziale del decesso.
A partire dai decessi relativi all’anno 2003, per la codifica delle cause di morte l’Istat è passato all’utilizzo della decima revisione della Classificazione internazionale delle malattie (Icd-10). Questo nuovo strumento ha introdotto modifiche nella classificazione di certe condizioni e nelle regole di codifica relative alla scelta della causa iniziale di morte.
Inoltre il livello di dettaglio è aumentato sensibilmente passando da circa 4 mila categorie a tre caratteri alle 8 mila attuali.
Il passaggio alla nuova revisione della Classificazione ha comportato quindi un impatto sulla distribuzione per causa dei dati di mortalità, poiché i decessi classificati e codificati secondo i nuovi criteri conducono in alcuni casi a settori o gruppi di malattie della classificazione diversi rispetto al passato. A seguito di tali cambiamenti i dati non sono confrontabili con quelli che riguardano i decessi avvenuti prima del 2003.
2. Struttura del sistema sanitario
Le statistiche sulla struttura e l’attività degli istituti di cura riportate nell’annuario sono di fonte Istat quando riferite all’intero territorio nazionale (disaggregate per regione); sono invece fornite dalla Regione Lombardia quando riferite al territorio regionale (disaggregato per provincia).
Le statistiche sul sistema sanitario sono elaborate a partire dai dati rilevati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Il Ministero, mediante appositi modelli di rilevazione (modelli Hsp), nell'ambito del Sistema informativo sanitario, rileva informazioni sui dati anagrafici degli istituti di cura pubblici e privati, le caratteristiche organizzative, i posti letto ordinari e in day hospital, le apparecchiature tecnico biomediche di diagnosi e cura e i dati di attività dei reparti ospedalieri.
Di seguito si forniscono informazioni relative alle definizioni utilizzate per le variabili (ad es. distinzione tra pubblico e privato) e sul contenuto di alcune di esse (inclusioni o esclusioni nel conteggio).
Istituti di cura pubblici: la definizione differisce da quella adottata nel Sistema dei conti nazionali elaborati in base al Sistema dei conti europei – Sec95; nelle statistiche rilasciate dall’Istat gli istituti di cura pubblici comprendono anche quelli gestiti da enti privati, quali alcuni Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, gli Istituti classificati o assimilati e gli Istituti privati presidi delle Asl.
Istituti di cura privati accreditati: dal 1997 non vengono più riportate le informazioni relative agli Istituti di cura privati di riabilitazione ex art. 26 legge 833/78, in quanto il Ministero della salute li rileva con apposita modulistica a parte (modelli Ria11).
Istituti di cura non censiti: rimangono esclusi dalla rilevazione le infermerie delle carceri, gli ospedali militari, gli ospedali psichiatrici giudiziari, i brefotrofi, gli istituti medico-pedagogici e tutti quegli istituti ove l’attività prevalente è quella di ricovero assistenziale e non di cura (presidi socio-assistenziali).
Istituti di cura del Servizio sanitario nazionale: sono costituiti dalle Aziende ospedaliere, dai Presidi delle Asl, dai Policlinici universitari, dagli Irccs, dagli Ospedali classificati o assimilati e dalle Case di cura private accreditate (per queste ultime si considerano solo i posti letto e l'attività erogata in regime di accreditamento,escludendo cioè l'attività privata a pagamento).
Case di cura accreditate: se non diversamente specificato, i dati sui posti letto e l'attività sono comprensivi dell'attività privata a pagamento (non accreditata) erogata da questi istituti.
Per quanto concerne la struttura e l’attività degli istituti di cura, le principali variabili rguardano:
Il numero di dimissioni: rappresenta una prima misura essenziale dell’assistenza ospedaliera erogata dalla regione. Ciascuna tipologia di Attività (Acuzie, Riabilitazione, Lungodegenza) possiede proprie peculiarità, per cui considerare separatamente i rispettivi volumi di dimissioni offre un maggiore contenuto informativo; analogo discorso vale per la distinzione tra il Regime Ordinario ed il Day Hospital, che possiedono caratteristiche organizzative distinte.
Le degenze: sono calcolate al netto dei trasferimenti interni all'ospedale, detraendo quindi i casi di pazienti che sono stati trasferiti da un reparto all'altro nello stesso ospedale.
I dati sul personalesi riferiscono al personale dipendente, a tempo indeterminato o determinato, con rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale, e al personale con rapporto di collaborazione professionale coordinata e continuativa.
I posti letto disponibili in day hospital corrispondono alnumero di posti letto destinati all'attività di day hospital dichiarati al 1° gennaio dell'anno di riferimento dei dati; i posti letto utilizzati in day hospital corrispondono al numero medio di posti letto effettivamente utilizzati mensilmente.
I principali indicatori utilizzati nelle statistiche della sanità sono i seguenti:
Posti letto per 1.000 abitanti: è il rapporto tra il numero di posti letto e la popolazione media residente dell’anno moltiplicato per 1.000, ed esprime il numero di posti letto mediamente disponibili ogni 1.000 residenti.
Tasso di ospedalizzazione (per 1.000 abitanti): è il rapporto tra il numero di degenze e la popolazione media residente dell’anno moltiplicato per 1.000, ed esprime il numero medio di degenze ogni 1.000 residenti. Esso misura il bisogno di salute (in termini di assistenza ospedaliera) espresso dalla popolazione residente in una data regione, indipendentemente da dove il ricovero è effettivamente avvenuto. Il dato riportato è standardizzato per età e sesso, in modo da eliminare il possibile effetto confondente causato da una diversa composizione per età e sesso della popolazione di una regione rispetto ad un’altra (come si può facilmente intuire, una popolazione con prevalenza di anziani sarà caratterizzata da una maggiore tendenza al ricovero rispetto ad una popolazione più giovane). In tal modo è possibile confrontare direttamente i dati di regioni diverse.
Indice di rotazione: è il rapporto tra il numero di degenze ed i posti letto, ed esprime il numero di pazienti che mediamente occupano lo stesso posto letto nell’arco di un anno.
Tasso di utilizzo per 100 posti letto: è il rapporto tra le giornate di degenza effettive e le giornate di degenza potenziali moltiplicato per 100. Le giornate di degenza potenziali sono calcolate moltiplicando il numero di posti letto per i giorni dell’anno in cui il reparto è stato attivo (365 o 366 se tutto l'anno). Esso esprime in percentuale l’effettiva occupazione dei posti letto rispetto alla dotazione disponibile.
Degenza media: è il rapporto tra le giornate di degenza e il numero di degenze ed esprime il tempo (in giorni)che mediamente intercorre tra l’ingresso in ospedale del paziente e la sua dimissione, cioè il numero medio di giorni richiesto per il trattamento dei casi in regime di ricovero. La degenza media è calcolata sull’attività per Acuti in regime ordinario e rappresenta una prima elementare misura di efficienza; poiché la media risente della presenza di valori anomali, l’uso della mediana consente di ovviare a questo inconveniente, e fornisce il valore di durata della degenza al di sotto del quale ricade la metà della casistica osservata.
Indice di turn-over: è il rapporto tra le giornate di degenza disponibili e il numero di degenze. Le giornate di degenza disponibili sono date dalla differenza tra le giornate di degenza potenziali (vedi tasso di utilizzo per 100 posti letto) e le giornate di degenza effettive. Esso esprime il tempo (in giorni) in cui il singolo posto letto rimane libero (fra la dimissione di un paziente e la successiva occupazione da parte di un altro paziente).
Unità di personale per 100 posti letto: è il rapporto tra il numero di unità di personale ed i posti letto moltiplicato per 100, ed esprime il numero medio di unità di personale disponibile ogni 100 posti letto.
Unità di personale per 1.000 abitanti: è il rapporto tra il numero di unità di personale e la popolazione media residente dell’anno moltiplicato per 1.000 ed esprime il numero medio di unità di personale disponibile ogni 1.000 residenti.
Tasso di ricorso al pronto soccorso per 1.000 abitanti: è il rapporto tra il numero di contatti con il pronto soccorso e la popolazione media residente dell’anno moltiplicato per 1.000 ed esprime il numero medio di contatti con il pronto soccorso ogni 1.000 residenti.
L’annuario contiene anche una serie di dati che hanno l’obiettivo di posizionare la Lombardia all’interno del contesto europeo confrontandola con altre regioni e con altre nazioni.
I dati sono di fonte Eurostat (Ufficio Statistica dell’Unione Europea), il cui ruolo principale è produrre e divulgare informazioni statistiche ufficiali a livello europeo. Eurostat non effettua la raccolta dati; i dati sono raccolti direttamente dalle autorità statistiche degli Stati Membri, le quali producono le statistiche nazionali di carattere ufficiale e ne curano la trasmissione a Eurostat. Eurostat consolida i dati ricevuti dagli Stati Membri e, attraverso metodologie armonizzate, assicura che essi siano comparabili.
Le statistiche presentate nell’annuario fanno riferimento a 22 regioni con dinamiche simili a quelle lombarde e ai 27 Stati Membri dell’Unione Europea. Esse son tratte dalla base dati REGIO.
Le 22 regioni confrontate con la Lombardia sono state scelte tra le aree appartenenti alle categorie NUTS1 e NUTS2. Le categorie NUTS (Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica sono definite da Eurostat
Per la scelta delle regioni che meglio possono essere confrontate con la Lombardia sono stati definiti i seguenti parametri:
E' stato poi valutato un intorno di circa + / - 50% rispetto al valore lombardo; sono state scelte le regioni che presentavano il maggior numero di parametri nell’intorno considerato. Alcune regioni, pur non rientrando pienamente nei parametri richiesti, sono state aggiunte per mantenere un generale equilibrio tra i principali stati europei.